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Combattere una battaglia è bello. Che si perda o che si vinca rimane il gusto di averci provato. Stare a guardare le porcherie della vita che ci scorrono accanto e non fare nulla, non dire nulla, è avvilente. Toglie linfa al nostro organismo. Diventiamo un po’ più verdi, un po’ più grigi, un po’ più neri, assumiamo i colori di una televisione disturbata. E qualche volta “saltiamo”. Spariamo al vicino di casa. Facciamo a pezzi la famiglia. Buttiamo massi da un ponte autostradale. E’ l’autorepressione che ci lavora dentro. Giorno dopo giorno. Telegiornale dopo telegiornale. Le battaglie è meglio vincerle, certo, ma per farlo bisogna impegnarsi un secondo in più dell’avversario. Vivere per quel secondo in più è l’obiettivo del cittadino combattente. La vita è una battaglia continua e costante. Battaglie diverse da coloro che le hanno affrontate nella seconda guerra mondiale, dove "bastava" solo affrontare i nazisti e avanzare verso est. In Italia è più complicato, i nemici sono inestricabili, così integrati con la quotidiana realtà da confondersi con essa.
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