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DA ALKATRAZA - ANCHE OGGI ENNESIMO COLLEGA COSTRETTO PER MOBBING ALLE DIMISSIONI!
Soddisfazione ed un bel brindisi in Direzione per i risultati di un metodo efficiente e collaudatissimo da anni! In barba a TUTTE le normative, le leggi, le organizzazioni sindacali e l'Ispettorato del Lavoro....

E' indubbio che......alcune strategie aziendali di lodevoli e fantasiosi "imprenditori" dimostrano che il personale NON è e NON ha nessuna risorsa, e come tale nessun diritto nè come lavoratore n'è come persona. Ma è solo merce! Nient'altro che merce da sfruttare in qualsiasi mezzo e modo! Coloro che hanno un minimo di dignità, personalità, professionalità ed intelligenza sono ovviamente "merce" scomoda; o meglio dire: MELE MARCE!.....Quelli che potrebbero infastidire l'ingegnoso e collaudato ordine delle cose. Forse è il caso di dire il consueto e mirato D I S O R D I N E!..( a presto)




TUTTO SUL MOBBING
La Corte di Cassazione ha definito le caratteristiche penali del reato di maltrattamenti sul luogo di lavoro infliggendo sanzioni elevate ad un datore di lavoro e un dirigente che infliggevano ai dipendenti ripetute e sistematiche vessazioni fisiche e morali, IN PARTICOLARE CON insulti, e minaccie di troncare il rapporto di lavoro.

Con una interessante sentenza la Cassazione ha ritenuto che la convivenza sul luogo di lavoro sia equiparabile a quella familiare, e che dunque Il maltrattamento dei dipendenti per stimolarne la produttività e accrescere i profitti costituisce reato punibile con la reclusione (Cassazione Sezione Sesta Penale n. 10090 del 12 marzo 2001, Pres. Sansone, Rel. Garribba).
Il capogruppo responsabile di zona per la vendita porta a porta di prodotti per la casa, dipendente di un'azienda commerciale gestita da un imprenditore è stato sottoposto a processo penale, insieme al suo principale, per maltrattamenti in danno dei collaboratori. Il Tribunale di Milano ha accertato che il capogruppo «con ripetute e sistematiche vessazioni fisiche e morali, insulti e, non ultima la ricorrente minaccia di troncare il rapporto di lavoro, aveva ridotto i suoi dipendenti, in uno stato di penosa sottomissione e umiliazione, al fine di costringerli a sopportare ritmi di lavoro forsennati, essendo il profitto dell'impresa direttamente proporzionale al volume delle vendite effettuate». Ne risulta, dunque, «una serie di atti volontari, idonei a produrre quello stato di abituale sofferenza fisica e morale, lesivo della dignità della persona, che la legge penale designa col termine di maltrattamenti».
Per quanto attiene poi all'elemento psicologico del reato, la sentenza impugnata «ha posto in rilievo non soltanto la sussistenza del dolo, concentratosi nella coscienza e volontà di ledere in modo abituale l'integrità fisica e morale dei soggetti passivi, ma anche il movente, individuato nella ricerca del massimo profitto, che, al di là di ogni dubbio, prova il disegno sottostante ai singoli fatti di violenza e minaccia, che risultano quindi cementati da una volontà unitaria e persistente, che va oltre il singolo episodio».
In considerazione di ciò il Tribunale ha condannato capogruppo e imprenditore alle pene rispettivamente di anni cinque e anni quattro di reclusione, dichiarandoli colpevoli il primo dei reati previsti dall'art. 572 ("maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli") e dall'art. 610 cod. pen. ("violenza privata") e il secondo del solo reato di violenza privata.
La sentenza è stata confermata dalla Corte d'Appello di Milano. I condannati hanno proposto ricorso per cassazione, sostenendo, tra l'altro, che il rapporto di lavoro non può essere assimilato al rapporto di convivenza familiare cui fa riferimento l'art. 572 cod. pen.
Va ricordato che lo Statuto dei lavoratori ha bandito ogni ricorso alla violenza da parte del datore di lavoro nei confronti del lavoratore subordinato.
La Suprema Corte (Sezione Sesta Penale n. 10090 del 12 marzo 2001, Pres. Sansone, Rel. Garribba) ha rigettato il ricorso osservando che l'art. 572 cod. pen., pur essendo contraddistinto dalla rubrica "maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli" punisce anche chi maltratta «una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia o per l'esercizio di una professione o di un'arte».



La persecuzione psicologica sul posto di lavoro
Il termine mobbing è ormai entrato a far parte del vocabolario del mondo del lavoro; si calcola (per difetto) che in Italia ci siano almeno un milione e mezzo di lavoratori mobbizzati
Con il termine mobbing (che deriva dal verbo inglese mob: attaccare, aggredire in massa) si intendono una serie di comportamenti aggressivi messi in atto dal datore di lavoro o dai colleghi ai danni di un lavoratore allo scopo di distruggerlo socialmente e psicologicamente. Lo scopo del mobbing è quello di indurre la persona mobbizzata a licenziarsi o a provocarne il licenziamento senza che si crei un caso sindacale.
Gli esperti distinguono fra mobbing orizzontale e mobbing verticale.
Il mobbing verticale (o bossing) è quello messo in atto dai dirigenti dell'azienda verso i dipendenti per costringerli a dare le dimissioni.
Anche se il capo è il promotore del mobbing , i colleghi raramente prendono le difese della vittima perché non vogliono rischiare di mettersi contro un loro superiore. Nella maggioranza dei casi, per quieto vivere o nella speranza di fare carriera, preferiscono assecondare il capo.
Il mobbing di tipo orizzontale viene invece praticato dai colleghi verso un altro lavoratore per far fronte allo stress , trovando un capro espiatorio su cui far ricadere la colpa della disorganizzazione lavorativa.
Che cos'e' il mobbing in pratica
I comportamenti mobbizzanti possono assumere varie forme : dalla diffusione di maldicenze, all'esclusione dalle attività sociali ,alle continue critiche,all'assegnazione di compiti dequalificanti .
Ecco alcuni delle più comuni forme di mobbing:
Il vostro capo vi rivolge raramente la parola ma se ve la rivolge è quasi sempre per rimproverarvi per piccolezze.
Il vostro capo non perde un occasione per rimproverarvi, offendervi, umiliarvi , preferibilmente in presenza dei vostri colleghi.
Venite privati di spazi e di strumenti necessari per svolgere la vostra attività.
Vi affidano da un giorno all'altro incarichi inferiori alla vostra qualifica o non inerenti alle vostre competenze.
Vi sottraggono le pratiche sino a lasciarvi senza lavoro.
Vi vengono rifiutati ferie e permessi prima accordati senza problemi.
Venite esclusi dalle feste aziendali o da altre occasioni sociali.
Non siete più invitati alle riunioni.
Chi e' la vittima del mobbing
Gli studi sul mobbing hanno concluso che il mobbing non dipende dal carattere della vittima ma è una patologia dell'organizzazione aziendale .
Qualsiasi persona in qualsiasi posizione può diventare una vittima del mobbing ,ma alcune categorie di lavoratori sono più a rischio di altre.
In particolare:
I neoassunti perché estranei al gruppo precostituito
Gli "anziani" perché costano molto di più all' azienda
Gli esuberi perché sono " superflui" ai fini aziendali.
Le persone particolarmente abili e capaci sia perché sono vissute come pericolosi concorrenti, sia perché con il loro attivismo e la loro professionalità fanno risaltare la mediocrità del gruppo. Ma nelle piccole aziende in genere sono i titolari stessi che mal sopportano chi ha una professionalità più elevata della propria..............
I diversi e gli anticonformisti perchè sono disomogenei rispetto al gruppo per motivi caratteriali, religiosi, razziali , politici.
Gli onesti perché non accettano certi compromessi e certi comportamenti scorretti
Chi e'il mobber:
Chi utilizza questa forma di persecuzione per far carriera o per eliminare qualche pericoloso concorrente, è dal punto di vista psicologico, una persona cinica e dotata di scarsa affettività. Si tratta spesso di una personalità poco creativa e conformista, invidiosa e gelosa dei suoi colleghi di lavoro. Se il promotore del mobbing è un dirigente, preferisce attorniarsi di persone che sente inferiori a lui e che lo assecondano pedissequamente.
Gli effetti del mobbing.
La persecuzione psicologica sul posto di lavoro comporta sempre in chi la subisce,pesanti conseguenze dal punto di vista psicologico. Calo dell' autostima, ansia, depressione, attacchi di panico, disturbi psicosomatici, sono alcune delle più comuni conseguenze psicologiche del mobbing, a cui si associano difficoltà relazionali con amici e familiari .
Come difendersi dal mobbing:
Non bisogna sperare che la situazione si risolva da sola, purtroppo con il tempo, la persecuzione psicologica sul posto di lavoro tende ad aggravarsi. Bisogna resistere e creare una base di elementi che potrebbero diventare prove giuridiche .
1) Non cedete allo scoraggiamento e alla depressione
L'ansia e il senso di inadeguatezza che provate sono causati dal mobbing e non ne sono essi stessi la causa. La vostra situazione non dipende da una vostra incapacità personale, al contrario le vittime del mobbing sono spesso i lavoratori più dotati, coscienziosi e brillanti.
2) Non pensate alle dimissioni
La prima cosa alla quale un mobbizzato pensa è quella di fuggire e di liberarsi dalla situazione stressante, dando le dimissioni. Ma abbandonare il posto di lavoro è comunque una sconfitta perché ci si ritira lasciando l'aggressore impunito, è un duro colpo per l'autostima e in più si corre il rischio di non riuscire a trovare una nuova occupazione in tempi brevi. Fino a quel momento il mobbizzato accetta la definizione che gli viene fornita dai suoi persecutori.
Con la denuncia invece il lavoratore bersaglio di mobbing potrà trovare una rivincita.
3) Createvi una base di elementi che potrebbero diventare prove giuridiche:
prendere nota, nel modo più dettagliato possibile ,di tutti gli attacchi (verbali e non) con data, luogo e persone coinvolte
ontattare altre persone con lo stesso problema o che l'hanno avuto in passato.
Parlare con i colleghi non partecipi all'aggressione che eventualmente potrebbero testimoniare in vostro favore.
Parlare del mobbing ai responsabili dell'azienda: in modo dettagliato, con calma e alla presenza di un collega. Se il colloquio non sortisce effetti, inoltrare una nota formale scritta. Solo in ultima analisi, rivolgersi alle vie legali.
4) Rivolgetevi ad un buon avvocato che abbia già trattato cause di mobbing, che sicuramente non abbia legami con la vostra azienda.
Nella scelta tra procedimento penale e/o civile, (causa di lavoro, risarcimento del danno biologico), preferite dapprima il procedimento civile e poi passate al penale.
5) Iscrivetevi ad un associazione contro il mobbing in genere sono disponbili gratuitamente dei professionisti molto abili.......e poi:.......riprendete in mano la vostra vita che è molto più importante di qualsiasi cosa!....Riprendetevi la dignità ed i diritti negati che sono l'essenza della libertà.....e ricordatevi che per questa libertà........milioni di persone hanno dato la loro vita!..........Voi salvate la vostra: NESSUNO al mondo può letteralmente "comprarvi" solo perchè vi ...paga uno stipendio,....magari assurdo.........

http://www.dirittoelavoro.com/mobbing_tutela.php
http://www.stopmobbing.org/article.php3?id_article=66



MOBBING? NO GRAZIE!


 


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