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Immagini ed emozioni dal cuore di un Lupo.
:: GIOIA E SOFFERENZA | | visite 670522 dal 24/03/2005 (oggi 73)

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INAFRICA
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imgTutti noi vorremmo evitare il più possibile la sofferenza e quando essa giunge, fisica o psicologica che sia, speriamo che passi il più velocemente possibile. Tuttavia il dolore non è solo qualcosa di spiacevole da subire, ma anche una opportunità per mettere a nudo certe dimensioni esistenziali che altrimenti andrebbero disperse, una occasione per approfondire certi significati della vita e del vivere. Bisogna lasciarsi guidare dal dolore, seguirlo, viverlo e non subirlo con reazioni di paura o ribellione irrazionale. Il dolore infatti è spesso un segnale che ci comunica che qualcosa non va nel nostro corpo (se è un dolore fisico) o nella nostra vita relazionale (se è un dolore emozionale). E un po' come la luce-spia che si accende sul cruscotto della nostra autovettura: non dobbiamo arrabbiarci con essa ma anzi ringraziarla perchè ci segnala la presenza di un guasto prima che sia troppo tardi. Se ci fermiamo per tempo i guai sono contenuti, se aspettiamo troppo potremmo rovinare irrimediabilmente l'auto o peggio avere un incidente. E lo stesso accade nella vita, se non ci fermiamo ai primi segnali di sofferenza la situazione si aggrava e sarà più difficile e doloroso risolverla. Se sentiamo dolore (per la solitudine, per una relazione insoddisfacente o per qualsiasi altro motivo) la prima cosa saggia è fermarsi - fino a che non ci fermiamo come facciamo a fare un esame interiore, a capire che cos'è che non va e perché non va per il verso giusto, e a tentare di risolverlo, anche chiedendo eventualmente aiuto?
Spesso il dolore deriva dal fatto che la nostra vita va in una direzione che non ci realizza, e anzi ci fa star male, e tuttavia ci ostiniamo a proseguire in quella direzione, vuoi per paura di cambiare, vuoi per un malinteso senso del dovere, che ci fa agire in modo contrario al nostro sentire. Pertanto, il senso del dolore svolge un importante funzione di feedback che dovrebbe aiutare l'individuo a dirigere il proprio agire e a governare nel modo migliore la propria vita, purché naturalmente egli sia in grado di sentire i segnali e di interpretarne correttamente il significato.
Così come il dolore ha lo scopo di segnalare che stiamo sbagliando qualcosa, che la strada intrapresa non è positiva per noi, il piacere ha - o dovrebbe avere - la funzione inversa, cioè di confermare e rinforzare determinati comportamenti, scelte, pensieri che vanno bene per noi. Purtroppo, il piacere è stato spesso fortemente stigmatizzato e colpevolizzato da svariate culture,; oppure innalzato ad obiettivo primario della vita quotidiana, con il risultato che si è persa gran parte della sua preziosa valenza di orientamento, non solo nel senso che le persone raramente sanno seguirne le benefiche indicazioni, ma anzi in alcuni casi le rifuggono come malvagie o vi si avvolgono come unico rimedio al ..NULLA. Stravolto nel suo significato profondo, in un mondo contrassegnato da repressioni e forti distorsioni che hanno generato ogni tipo di perversione, il piacere ha perso del tutto la bussola in certe persone. Ma la colpa non è del piacere, bensì di coloro che lo hanno demonizzato e/o idealizzato, così come hanno metabolizzato tutto ciò che di buono la dimensione materiale e corporea offre all'umanità. Certo, dobbiamo sempre chiederci se ciò che facciamo (o omettiamo di fare) può danneggiare qualcuno o anche noi stessi, ma se così non è, possiamo tranquillamente goderci il piacere e seguirne le indicazioni.
Si pone, qui, il problema di che cosa voglia dire "fare del male a qualcuno": un genitore punendo il figlio lo fa soffrire ma lo fa (spesso, non sempre) per il suo bene; un figlio che se ne va di casa fa soffrire i genitori, ma la colpa può non essere sua, bensì dei genitori troppo assillanti che pretendevano di possederlo e controllarlo; analogamente, chi si separa dal coniuge, fa soffrire il partner e i figli, ma spesso non ha alternative e applica il principio "meglio una fine sofferta che una sofferenza senza fine". Dobbiamo quindi saper distinguere i vari casi, tenendo inoltre presente che non sempre la vittima è innocente come sembra, e può anzi aver iniziato lei stessa l'escalation che poi porta l'altro (il presunto persecutore) ad agire in un certo modo portatore di dolore. Teniamo altresì presente che vi sono vari livelli di piacere: il piacere fisico, quello emozionale, quello mentale e quello spirituale. Sviluppando la propria sensibilità e sensitività le sensazioni di piacere saranno avvertibili in modo più nitido, come pure quelle di dolore, e sarà più agevole orientarsi, cercando di evitare le strade portatrici di dolore e seguire quelle portatrici di piacere, gioia, armonia o qualsiasi altro nome si voglia dare alle sensazioni piacevoli.

Per concludere, possiamo dire che la capacità di sentire il dolore e il piacere è una funzione da riabilitare e comprendere; una funzione indispensabile per tutti coloro che vogliono essere se stessi e saper individuare la propria vera strada.


Da K. Gibran - Il Profeta

Il dolore è per voi lo spezzarsi del guscio che racchiude la vostra comprensione.
Come il nocciolo del frutto deve rompersi affinché il suo cuore sia esposto al sole, così voi dovete conoscere il dolore.
Se solo conservaste in cuore lo stupore per i quotidiani miracoli della vita, il dolore non vi parrebbe meno meraviglioso della gioia;
e accettereste le stagioni del cuore come avete accettato sempre le stagioni che sui campi si susseguono.
Così, attraversereste serenamente gli inverni del vostro dolore.
Molto del dolore che provate è da voi stesso scelto.
E l'amara pozione con cui il medico che sta in voi guarisce l'infermo che anche è in voi.
Confidate dunque nel medico, e bevete il suo rimedio in sereno silenzio: poiché la sua mano, seppur pesante e dura, è guidata da quella tenera dell'Invisibile.
E la coppa che vi porge, benché bruci le vostre labbra, è fatta con la creta che il Vasaio ha inumidito con le stesse sacre lagrime.

* * *

La vostra gioia non è che il vostro dolore senza maschera.
E il medesimo pozzo da cui sgorga il vostro riso più volte si è riempito delle vostre lacrime.
Come può essere se non così?
Più profondamente scava il dolore nel vostro essere e più è la gioia che potete contenere.
Non è la coppa che contiene il vostro vino quella stessa che il vasaio ha arso nel suo forno?
E non è il liuto che vi distende lo spirito quello stesso legno che le lame hanno incavato?
Quando siete lieti guardate a fondo nel vostro cuore e troverete che la gioia proviene da ciò che vi ha dato dolore.
Quando siete nel dolore guardatevi ancora nel cuore, e vedrete che in verità piangete per ciò che è stato il vostro diletto.
Alcuni tra voi dicono, "la gioia è più grande del dolore", e dicono altri, "no, più grande è il dolore."
Ma a voi io dico che sono inseparabili.
Insieme giungono, e quando l'una siede con voi alla vostra mensa, ricordate che l'altro dorme nel vostro letto.
In verità siete sospesi come bilance tra la gioia in voi e il dolore.
Solo se siete vuoti restate immobili e in equilibrio.
Allorché il tesoriere vi solleva per pesare l'oro suo e l'argento, non possono la vostra gioia e il dolore non alzarsi o ricadere.

* * *

Da Epicuro - Lettera sulla felicità

Mai si è troppo giovani o troppo vecchi per la conoscenza della felicità. A qualsiasi età è bello occuparsi del benessere dell' animo nostro.
Chi sostiene che non è ancora giunto il momento di dedicarsi alla conoscenza di essa, o che ormai è troppo tardi, è come se andasse dicendo che non Ë ancora il momento di essere felice, o che ormai è passata líeta. Ecco che da giovani come da vecchi è giusto che noi ci dedichiamo a conoscere la felicità. Per sentirci sempre giovani quando saremo avanti con gli anni in virtù del grato ricordo della felicità avuta in passato, e da giovani, irrobustiti in essa, per prepararci a non temere l'avvenire.
Cerchiamo di conoscere allora le cose che fanno la felicità, perché quando essa c'è tutto abbiamo, altrimenti tutto facciamo per possederla.
( Enrico Cheli e Adele De Gaetani )






 
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